Progetto EMICARE: la gestione integrata di una patologia ad elevato impatto sociale – il caso dell’Emicrania

EMICARE

L’emicrania è una malattia cronica neuro-vascolare caratterizzata da ricorrenti episodi di cefalea di
intensità da moderata a severa primaria e rappresenta uno degli ambiti di indagine più interessanti rispetto
alle differenze di genere che colpisce il 12% degli adulti con una prevalenza tre volte maggiore nelle donne.
E’ solitamente associata a sintomi disautonomici (nausea, vomito) e di ipersensibilità (fotofobia, fonofobia), con
conseguente limitazioni delle attività della vita quotidiana.
Il singolo attacco di emicrania ha un grave impatto sulla vita quotidiana, l’OMS ha inserito l’emicrania come una delle principali cause di disabilità rappresentando la 3° causa di disabilità nella fascia di età fra i 15-49 anni (Vos et al. 2015; Steiner et al., 2018).
La pratica clinica rivela come spesso gli attacchi di cefalea vengono autogestiti dai pazienti, aumentando progressivamente il consumo degli analgesici fino ad arrivare ad una condizione di abuso e cronicizzazione della malattia.

Con la disponibilità a breve di nuove ed innovative terapie farmacologiche, gli anticorpi aCGRP, si ritiene strategico
creare le condizioni per un confronto multidisciplinare costruttivo al fine di:
– analizzare l’impatto socio-economico della patologia in Regione Campania
– valutare l’attuale percorso di cure del paziente emicranico
– evidenziare l’importanza della diagnosi precoce al fine di prevenire la cronicizzazione della malattia
– definire i centri prescrittori
– garantire l’accesso ai farmaci
– costituire una rete assistenziale basata sulla continuità ospedale territorio
– proporre infine un percorso assistenziale del paziente cefalgico in Regione Campania
adattandolo ai bisogni assistenziali e con l’obiettivo di colmare eventuali “gaps” di
sistema in sinergia con le attività programmate nel Piano Triennale 2019-2021.

In aggiunta la condizione che stiamo vivendo in riferimento alla Fase 2 COVI-19 impone, così come
suggerito dagli organi di settore nazionali e regionali, che ci siano sempre più organizzazioni assistenziali
che tendano a curare i pazienti cronici esclusivamente sul territorio evitando, laddove possibile, ogni accesso in
strutture ospedaliere che dovranno dedicarsi essenzialmente alle cure delle urgenze e delle criticità.